l Requiem di Mozart è un’opera dedicata a una morte, a un passaggio. E come ogni passaggio è carica di tutta la storia di una vita e del potere di trasformazione verso qualcosa di diverso.
Da anni lavoro accostando all’arte visiva la musica. Nel mio studio dipingo ascoltando artisti nazionali e internazionali, di ieri e di oggi e spesso torna il Requiem. Quando torna sento che è un po’ un regalo, il suono di un cambiamento che inizia ad avvolgermi.
Così con quest’opera mi affaccio verso l’utilizzo di un materiale nuovo: l’alluminio, sulla spinta del Premio Comel.
Ascoltando il Requiem le mani lavorano e ascoltano questo nuovo metallo. Sento quanto è duttile e dove è tagliente, lo guardo dialogare con la luce e con il colore, studio le sue zone opache e le riflettenze. Una lunga canna si va trasformando nelle canne di un organo e mentre la lavoro per fissarla al legno dipinto sento la sua superficie fredda e la ripetizione del gesto mi porta verso l’apprezzamento di una cura attenta che mi assorbe. I grandi fogli di alluminio si piegano sotto le mie mani e inizio a poggiarci sopra carte e colori, dipingo e incollo e vedo come il materiale risponde. Vado avanti a tentativi, ascolto e guardo. Sono parte di questa armonia, mi faccio canna d’organo e spartito mentre nelle mie orecchie risuona il Dies Irae, mi trasformo in allumino e colore mentre il pianoforte muove gli accordi del Kyrie.
Dopo giorni d’immersione tra metalli e colori, tra legno e smalti, vecchie carte, caffè e pigmenti, guardo l’opera e sento che il Requiem risuona in essa e in me
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